| Il preside non sembrava troppo attento al disagio profondo dipinto sul viso dello scozzese: osservava la vetrina a cui aveva accennato precedentemente come se in realtà essa non avrebbe dovuto essere lì. Ma l'oggetto incriminato rimaneva immobile e inamovibile, come se avesse voluto dimostrare testardamente che quello era il suo posto e che il preside doveva farsene una ragione. Quel silenzioso colloquio tra l'uomo dai modi gentili e la vetrina cominciava a rendere l'aria pesante nella stanza. Se prima Stephen aveva avvertito un tracollo della temperatura, ora gli sembrava che il caldo lo stesse soffocando. Sentiva distintamente la camicia della divisa aderire sempre più alla pelle e la cravatta rosso-oro pendere pesantemente sul petto. C'era qualcosa che non andava, e non occorreva essere un esperto in Divinazione per capirlo. Stephen sguazzava nel suo sudore come fosse un mare di guai, uno stagnante mare di guai. Minghost stabilì che lo scozzese meritava una spiegazione, forse mosso a compassione dagli occhi dilatati all'inverosimile; abbandonato così ogni proposito di indagare più a fondo in una faccenda che, evidentemente, non aveva in Stephen il proprio fautore, l'uomo gli spiegò come fosse stato informato che la vetrina che entrambi avevano guardato fino a qualche istante prima era rotta. Il biondo, rigido nella sua solita postura dritta, boccheggiò senza emettere suono, fissando di rimando il Mago. Stephen era sicuro che la vetrina, da quando lui era nella stanza, non aveva subito alcun danno. Se ne sarebbe accorto se si fosse frantumata davanti ai suoi occhi, no? In ogni caso non aveva visto nè udito alcunchè di strano da quando era entrato della saletta, e tanto meno c'entrava nulla con lo strano avvertimento che aveva raggiunto il preside. Almeno sperava. Le iridi acquamarina del giovane Grifondorono saltellarono irrequiete dall'uomo davanti a lui alla vetrina che avrebbe dovuto essere in pezzi. Gli sembrava che la signorina godesse di ottima salute, ragion per cui Stephen si decise a parlare, convinto che il malinteso che aveva fatto precipitare Minghost dritto fin lì non l'avrebbe messo nei guai. -Signore, da quando sono qui non è accaduto nulla di strano, mi sembra. La vetrina è sempre stata integra: non si è danneggiata nè l'ho riparata. Non so dirle altro-. La vocina impostata e il suo composto stare in piedi lo avrebbero reso un ottimo soldatino. Gli mancava solo la mano sulla fronte a mo' di visiera, e poi avrebbe raggiunto il grado di Capitano. Se non fosse stato un mago avrebbe fatto carriera nell'esercito, poco ma sicuro. Mentre parlava, Stephen era tornato a guardare in viso l'uomo, cercando di trattenere lo sguardo su di lui. Quando gli sarebbe ricapitato un incontro del genere? "Mai, spero". Intndiamoci: non è che non volesse intrattenere una conversazione con la massima carica, ma non voleva intrattenere quella conversazione. Gli sembrava di trovarsi in qualcosa di troppo grande per lui, qualcosa in cui non avrebbe dovuto essere coinvolto. Non riusciva a capire perchè qualcuno avrebbe dovuto raccontare una frottola al preside e farlo precipitare allarmato nella Sala dei Trofei. Chi avrebbe mai voluto raggirare Minghost o distruggere una vetrina? Sia che si trattasse dell'una o dell'altra opzione, i conti non tornavano. Per quanto il ragazzino cercasse i moventi di tali azioni, non ne trovava. Era evidente perciò che la questione era ben aldilà della sua comprensione e, da ciò che aveva capito, forse metteva in difficoltà persino il preside. La curiosità cominciava a pungolare l'animo fiero dello scozzese, come un'assopita presenza molesta che si risvegliava lentamente, ma il ragazzo sapeva che sarebbe stato meglio per lui tenersi alla larga da quella faccenda. Quando il preside fece crollare il discorso, Stephen gli fu grato. Sapeva che farsi coinvolgere avrebbe potuto metterlo in seria difficoltà, eppure non poteva fare a meno di chiedersi cosa ci fosse dietro quello strano avviso. Se la sua coscienza avesse ptuto parlare, gli avrebbe detto: 'Attento, Mackinnon!'. Eh già, forse non sapere sarebbe stato meglio. Forse. Il sorriso e le parole di John Minghost lo distrassero -per il momento- dall'indagare più a fondo. Che l'uomo l'avesse notato era per lui già un enorme traguardo, ma che gli facesse i complimenti, questo lo rese profondamente orgoglioso. Il petto si gonfiò e, inevitabilmente, le labbra imitarono quelle del preside. I muscoli di tutto il corpo si rilassarono improvvisamente, e riuscì persino a ravvivarsi i capelli con una mano mentre usciva (quasi) indenne dal suo stagnante mare di guai. Non capitava tutti i giorni di meritare le attenzioni di un personaggio come il preside di Hogwarts; forse per quella ragione i complimenti avevano un sapore di trionfo. -La ringrazio, signore. Anche se in realtà ho sbagliato un esercizio-, disse cercando di trattenere il sorriso. Era vero: aveva sbagliato, eppure il preside gli aveva riconosciuto dei meriti e questo lo rese un Grifondoro felice. La sua ambizione decisamente sproporzionata rispetto ai suoi immaturi undici anni lo rendeva sprovveduto e pieno di sè, a volte, ma cercava di tenere ben presente il concetto di umiltà. Suo padre ne era modello assoluto e Stephen avrebbe voluto emularlo, pur preservando la sua personalità. Era un ragazzino psicologicamente forte, molto più dei suoi coetanei, ma mille debolezze minavano alla base un carattere riservato come il suo. Era per questo che non aveva amicizie profonde: tendeva a starsene in disparte e a non coltivare i rapporti sociali pur di non subire delusioni. Ma le scottature, nella vita, aiutano a rafforzare la pelle. Stephen, armato di soli undici anni, questo ancora non lo sapeva, ma lo avrebbe inevitabilmente imparato. La vita è una maestra severa e non accetta i no. -No, non era la prima volta,- confermò con un angolo della bocca all'insù, -ho alcuni anni di nuoto alle spalle-. Il ragazzo si interruppe chiedendosi se il preside sapesse di cosa stava parlando. Se l'uomo era un Purosangue, infatti, avrebbe anche potuto ignorare l'esistenza di quello sport babbano. Stphen non aveva idea dello stato di sangue del preside, ma fornire ulteriori spiegazioni avrebbe potuto risultare impertinente ed offensivo nel caso in cui avesse saputo di cosa stesse parlando. Non aveva alcuna intenzione di rischiare di tendere l'atmosfera, perciò decise di rimanere in silenzio. Se il preside avesse voluto ulteriori hiarimenti, glieli avrebbe dati volentieri. Strategia intelligente, eh?
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