| Impressionante come la gente potesse essere poco intuitiva e tanto ingenua, ma ancora più scandaloso come ciò trasparisse chiaramente dal loro volto. Era il caso di quel biondo che l’austero uomo di Londra aveva avuto la sfortuna di incontrare. O forse, più semplicemente, aveva sbagliato lui a scegliere di avvicinarsi a quello strano essere lanciatore di sassi. «Gradevoli i Battitori», convenne, limitandosi a quel commento. Non andava pazzo per il Quidditch ma il docente di Cura delle Creature Magiche non ammetteva né da sé né dagli altri ignoranza in nessun campo. Nemmeno in quello che si odiava. Per tale motivo conosceva bene le dinamiche di gioco e addirittura avrebbe potuto menzionare un paio di Battitori inglesi famosi, ma anche francesi e statunitensi. «Molto interessanti i suoi interessi… com’erano, artistico-coreutico-musicali?», aggiunse con educata curiosità. Con la stessa espressione di prima, che andava duramente cozzando con ciò che stava per proferire, in permetta antitesi e opposizione, concluse: «Peccato che non me ne possa importare di meno». Rilassò i muscoli del proprio viso in un’espressione neutrale, tornando ad osservare il Lago, o, più specificatamente, l’orizzonte. «Piuttosto…», esordì, con tono neutro e tranquillo, prima di ritornare con lo sguardo sul giovane, palesando nuovamente un’espressione di finta quanto ben dissimulata curiosità puramente accademica, «Gradirei sapere quale sia esattamente il nesso logico che congiunga l’essere biondini e l’avere timore di mostrare le proprie debolezze». Sorrise, stavolta più mellifluo ed evidentemente sardonico. «Questo dubbio mi strugge». Al «MA SUL SERIO?» urlato con un tono di voce talmente alto da far rischiare la sordità alle persone che gli stavano intorno, l’uomo, stizzito, si massaggiò le orecchie, come se gli fossero appena stati frantumati i timpani. Successivamente sospirò, palesando un’espressione a metà tra lo sgomento e il ma-quant’è-idiota-questo. Si sforzò di sorridere. «Ma veramente!», gli rispose, fissandolo con un sorriso, che subito si tramutò in un’espressione corrucciata. «Ma ovviamente no. Lei è solito prendere a sassate le fanciulle? Pensa che se lo facesse loro si getterebbero alle sue braccia?». Duro di comprendonio com’era, preferì dargli una mano nel trovare la risposta. «Glielo dico io: no». Gli venne porta la mano. La osservò come fanno i kneazle alla vista di qualcosa di sospetto. Alla fine strinse la mano dell’altro con una stretta vigorosa. «Può chiamarmi mister Winston», si limitò a dire. Rilasciò poi la mano del ragazzo, osservandolo con curiosità, stavolta sincera. La sua curiosità all’inizio poteva essere volubile, quindi sarebbe potuta sparire da un momento all’altro e quella persona che gli stava di fronte poteva in un attimo non avere più nemmeno un briciolo dell’attenzione che il londinese riservava ai Vermicoli. «Curioso. Non rimembro nessuno di nome Henry nella lista docenti. Il sottoscritto, il bel fusto, insegna Cura delle Creature Magiche. Lei insegna Tiro di sassi al Lago?», ironizzò, per poi concludere: «In ogni caso, m’è parso di capire che lei abbia un negozio di moda. È il proprietario del Madama McClan’s?». Oh, un’ultima cosa. «Dimenticavo», disse infine, «Dubito che vestire uno scoiattolo sia una buona idea. Invero, sono del parere che sia una pessima idea». Almeno sapeva, per sua stessa ammissione, di essere un, letteralmente, pirla.
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